Francesco De Nicola: Fra tradizione e fortuna di Dione Crisostomo: spigolature umanistico-rinascimentali. Napoli: Giannini editore 2002 (Atti dell’Accademia Pontaniana, n.s. LI). 57 p. ISBN 88-11221-9238.

 

 

Il dotto ed erudito contributo si propone di indagare la fortuna di Dione Crisostomo - finora mai realmente ben indagata - nelle edizioni (e versioni) a stampa parziali anteriori all’editio aldina del 1551[1] o di lì a poco apparse, contribuendo così anche ad illuminare alcuni aspetti della vicenda tradizionale dei corpus dioneo, oggi più che mai studiata.[2]

 

Se esistevano, infatti, lavori intesi ad esplorare le prime sicure testimonianze della conoscenza di Dione in Occidente,[3] ancora mancava uno studio sistematico che focalizzasse l’attenzione dei filologi sulle fonti e sul valore delle edizioni e delle versioni umanistico-rinascimentali di Dione, a riprova del suo successo nei secoli in questione; un successo, certo, non ampio e articolato come quello di altri autori antichi più fortunati, ma che, comunque, lascia comprendere come il retore di Prusa fosse ugualmente inserito dagli umanisti nel novero degli auctores, letti e studiati per l’evidente interesse del loro pensiero.

 

In tal senso, l’importanza della ricerca di De Nicola – suddivisa in 4 sezioni: ‘Angelo Poliziano (e il codice S)’ [6-21]; ‘La giuntina, il Camerarius, l’Anonymus Gothanus e Va; ancóra su Poliziano e S’ [21-37]; ‘I Wechel e René Guillon; Arnauld de Ferron’ [37-44]; ‘Bilancio’ [44-47] - oltre che nella completezza delle informazioni bibliografiche (vengono segnalate alcune antiche versioni parziali finora sfuggite al vaglio degli studiosi[4]), risiede nello sforzo, certamente meritorio, di aver per un verso cercato di individuare le fonti manoscritte che furono alla base delle prime edizioni a stampa di Dione, per l’altro di aver indicato i possibili rapporti stemmatici intercorrenti tra tali prodotti dell’editoria umanistica, che talora fanno sospettare l’esistenza di vere e proprie recensioni bizantine, deperditae, in parte distinte dalle redazioni manoscritte superstiti.[5]

 

Su tale versante, tuttavia, se d’accordo col De Nicola si deve certamente dissentire con il Sonny, per il quale la fortuna di Dione nei sec. XV-XVI non sarebbe stata assolutamente gran cosa, non saprei fino a che punto possa, invece, non condividersi il suo giudizio su tali prodotti editoriali „nullius momenti in textus Dionei historia condenda“[6].

 

È questo, ad es., il caso della giuntina del 1527[7], che, come personalmente avevo segnalato[8] e come ora comprova l’attento esame del De Nicola [36-37], risulta essere legata, sebbene non direttamente, al Vindob. Philos. Gr. 109. Il De Nicola, che pure menziona il mio giudizio [22], mostra poi di tacere del tutto i risultati delle mie precedenti ricerche in merito al Vindobonense, richiamando, invece, le conclusioni di Marzia Pontone in un articolo in corso di stampa, secondo la quale esso conserverebbe le tracce di una vera e propria recensione bizantina e sarebbe contraddistinto da veri e propri rifacimenti e da numerosissime varianti particolari, talune ottime congetture [15; 36].

 

Ebbene, senza entrare nel merito del valore delle congetture del manoscritto di Vienna – a mio avviso non così felici[9] – le conclusioni della Ponzone, che il De Nicola fa proprie, si trovavano espresse già in alcuni miei contributi a stampa, apparsi rispettivamente nel 1999 e nel 2000, dove pure riportavo i risultati parziali della loro collazione, che sarebbero stati utili per sostenere le ipotesi dello studioso.[10]

 

La loro omissione appare senz’altro enigmatica, dal momento che il De Nicola mostra di conoscere e citare alcuni contributi, dove proprio a questi miei lavori sono consacrate intere pagine [3, n. 11]. Piuttosto, non evita di citare lavori a stampa, quantomeno imprecisi, per i quali avevo proposto numerosissime e sostanziali correzioni.[11]

 

Come che sia, nel compiacermi con l’autore per trovare ora confermati i miei giudizi di merito sul manoscritto di Vienna, mi permetto di guardare con scetticismo alla possibilità da lui stesso indicata di vedere nel Vat. Gr. 91 il modello della terza classe da cui il Vindobonense avrebbe contaminato [36]. L’unico errore congiuntivo portato a sostegno di questa ipotesi (or. 74, 4: h)\ dh\ in luogo di h)/dh) è considerato non decisivo dallo stesso studioso [37]. Piuttosto, come mostrano i risultati della collazione di questo manoscritto per l’or. 64 di Favorino, più significativi sono i casi di incontro tra esso ed il Vat. Palat. gr. 117.[12] Ma, in attesa di leggere anche l’intervento della Pontone, sarà opportuno per il momento sospendere ogni giudizio.

 

Tra le edizioni parziali, apparse a pochi anni di distanza dall’aldina del 1551 e che permettono di restringere le ipotesi di datazione dell’aldina stessa, il De Nicola [37-44] si sofferma opportunamente sulla serie di corpuscula dionei, che dal 1553 Christian Wechel e, quindi, suo figlio Andreas andarono editando a Parigi, senza mai pervenire alla tanto attesa edizione dell’intero corpus.

 

In questo caso, l’autore attira l’attenzione dei filologi in particolare su quella che egli definisce [43] la „misteriosa edizione ‘ingannevole’ del 1554“: Dionis Chrysostomi Orationes LXXX. Parisiis, Apud Andream Wechelum, sub Pegaso, in vico Bellovaco, Anno Salutis 1554; un’edizione, che, contrariamente a quanto annunciato dal titolo, contiene solo alcuni discorsi. Il De Nicola, che si basa per la nostra edizione sulle descrizioni bibliografiche fornite da M. Maittaire (Annales typographici. III. Hagae-comitum 1725 [rist. Graz 1967], 644 e n. *) e da S. F. W. Hoffmann (Bibliographisches Lexicon der gesammten Literatur der Griechen. I. Leipzig 1838 [rist. Amsterdam 1961], 554), secondo i quali il volume conterrebbe i seguenti pezzi: 1-4, 56, 6 e 26, riesce, a suo dire, a risolvere l’enigma del „problematico volume di quell’anno“ [38], individuando nell’edizione parziale e mutila di Dione, conservata nella Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e segnalata a suo tempo dal Sonny,[13] „un esemplare, purtroppo mutilo, della più ricca miscellanea dionea pubblicata da Andrea Wechel, invero la più ampia in assoluto fra le edizioni a stampa parziali, che abbraccia non già sette, bensì otto discorsi“ [44].

 

L’enigma, che tale non è, avrebbe potuto trovare una rapida e felice soluzione, se lo studioso avesse direttamente consultato l’edizione in esame, un cui esemplare è attualmente conservato nella British Library (Segn.: 674.b.11.(1.)). Dalle copie in mio possesso di entrambi i volumi[14] risulta anzi non solo che il volume linceo rappresenta effettivamente un esemplare del corpusculum wecheliano, ma anche che l’editore premette al testo dei discorsi dionei, dopo una lettera indirizzata „Graecae linguae studiosis“, un estratto dalle Vitae di Filostrato (3-4) ed uno dalla Suida (4), entrambi su Dione.

 

Per restare sulle edizioni dei Wechel, andrà ancora precisato che la ristampa della miscellanea del 1553, per la quale il De Nicola indica con sicurezza la data del 1565 e molto dubbiosamente quella del 1556[15], avvenne proprio nel 1556, come dimostra l’esemplare conservato presso la Bibliothèque Municipale di Beaune (Segn.: Rés A 126), da me consultata grazie alla cortesia della sua conservatrice, Bernadette Blandin. Quanto, invece, al suo valore – De Nicola condivide anche per questa edizione il giudizio espresso da François Jouan per la successiva edizione del solo Troiano[16] - mi permetto di ricordare che avevo personalmente dichiarato la sua stretta dipendenza dall’aldina nella mia edizione del discorso 63,[17] pure menzionata dallo studioso,[18] ma in questo caso curiosamente taciuta. Infine, occorre precisare che la data di pubblicazione del Troiano corrisponde al 1554 e non già al 1555.[19]

 

Vengo così ad un’altra edizione, quella, cioè, accompagnata da versione latina, dei discorsi 62 e 66 a cura di Bartholomaeus Amantius (Dionis Prusensis Libelli duo, Unus contra Tyrannidem, alter de gloria. Ex Greco in Latinum sermonem conversi et editi, una cum graecis scriptis…), apparsa, secondo il De Nicola [32, n. 128], a Dillingen nel 1556 e dedicata a Giorgio Federico di Brandeburgo.

 

In realtà, come ho potuto direttamente verificare, consultando una copia appartenente al fondo antico della Biblioteca Cantonale ed Universitaria di Fribourg ed un’altra della Staatsbibliothek di Berlin (Segn.: 8" Vz 3210)[20], la prima data di pubblicazione di tale volume cade nel 1545. L’esemplare da me ispezionato, inoltre, pubblicato non già a Dillingen, ma a Lipsia, „in officina Valentini Papae“, contiene un’epistola dedicatoria indirizzata ad Alberto Marchiori di Brandeburgo. Ciò fa pensare, dunque, che l’edizione del 1556 altro non sia che una ristampa, postuma, dell’esemplare lipsiense, riutilizzato per il nuovo duca di Brandeburgo.

 

L’ ‘Appendice’ di p. 48-54 è dedicata alla presenza di Dione in alcuni scritti del Platina, di Francesco Patrizi e di Raffaele Maffei da Volterra. Non sarebbe stato privo di interesse, a tale fine, prendere in considerazione anche la versione latina del Principe di Machiavelli fornita da Telio Silvestre ed apparsa a Basilea nel 1580: in essa, infatti, vi compaiono eiusdem argumenti aliorum quorundam contra Machiavellum scripta, de potestate, & officina principum, & contra tyrannos: tra di essi, a quanto pare, Dione.[21]

 

Prima di chiudere, segnalo alcuni addenda bibliografici: per la versione latina dei discorsi 38 e 39 fornita dall’umanista italiano Carlo Valgulio (Brescia 1497) andava forse ricordato il recente contributo di L. Baldi: La XXXVIII orazione di Dione di Prusa: una traduzione umanistica, in: Ricerche su Dione di Prusa. Napoli 2001, 15-40[22]; sulla figura di René Guillon, si dispone ora  di J.-E. Girot: La notion de lecteur royal: le cas de René Guillon (1500-1570), in: M. Fumaroli (dir.), Les origines du Collège de France (1500-1560). Actes du Colloque international (Paris, décembre 1995). Paris 1998, 43-108. Infine, per i codici dionei, andavano quantomeno menzionati i prolegomeni di A. Verrengia: Dione di Prusa. In Atene, sull’esilio (or. XIII). Napoli 2000, 9-26.

 

In chiusura, mi piace comunque ribadire l’alto valore scientifico del contributo di De Nicola, di primaria importanza non solo per gli specialisti del testo e della fortuna dionea, quanto anche per gli studiosi della rinascita e della diffusione del greco in Occidente nei secoli dell’Umanesimo rinascimentale.

 

Eugenio Amato, Fribourg (Svizzera)

Eugenio.Amato@unifr.ch

 

 

 

 



[1] Dionis Chrysostomi Orationes LXXX. Apposita est in extremo libro varietas lectionum, cum orationum indice. Graece. Venetiis, apud Federicum Turrisanum, s.d. (1551?). Per la datazione dell’aldina si seguono le indicazioni fornite da G. C. Harles nella Bibliotheca Graeca del Fabricius (V, 307), il quale non esclude che dalla tipografia aldina siano potute uscire nel medesimo anno due edizioni complete di Dione, segnalando, al contempo, l’interesse di una copia annotata da B. Vulcanius; vedi, inoltre, F. A. Ebert: Allgemeines bibliographisches Lexicon. Leipzig 1820, 480 e A. Renouard: Annales de l’imprimerie des Alde, ou histoire des trois Manuce et de leurs éditions. Paris 18343 [rist. Bologna 1953], 151-152, il quale, in particolare, assegna il libro agli anni 1550-1553 (cf. pure A. Firmin-Didot: Alde Manuce et l’héllenisme à Venezia. Paris 1875, 23). Di recente, è ritornata sul problema A. Cataldi Palau: Gian Francesco d’Asola e la tipografia aldina. La vita, le edizioni, la biblioteca dell’Asolano. Genova 1998, 346-347.

[2] Per lo status, mi permetto di rimandare al mio: Alle origini del «corpus Dioneum»: per un riesame della tradizione manoscritta di Dione Crisostomo attraverso le orazioni di Favorino. Salerno 1999, 11-21; Id.: Il futuro di Dione Crisostomo: in margine ad una recente edizione, in: E. Amato, A. Capo, D. Viscido: Weimar, le Letterature Classiche e l’Europa del 2000. Salerno 2000, 277-307: 277, n. 1. Una serie di lavori in corso di stampa appaiono citati dallo stesso De Nicola.

[3] Vedi, in particolare, C. Malta: Per Dione Crisostomo e gli umanisti, I. La traduzione di Giorgio Merula, in: St. uman. 1, 1990, 181-186 e S. Swain: Reception and Interpretation, in: Dio Chrysostom. Politics, Letters, and Philosophy. Oxford 2000, 13-50: 13-16.

[4] In particolare, va segnalata la traduzione latina dei discorsi a cura di A. de Ferron (Dionis Chrysostomi Prusaensis Orationes quinque de lege, consuetudine, fortuna tres. Interprete A. Ferrono Burdigalensi … Apud Lemovices, E typographia G. Novalii, 1557), che tuttavia potrebbe rappresentare una ristampa, sotto falso nome, della versione di R. Guillon (Parisiis 1554), di cui ripropone la medesima inscriptio [221, n. 178], e quella francese del disc. 14 a cura di A. Mathieu de Moystardières (Devis de la Langue Françoise ... Avecques un autre devis, & propos touchant la police, & les Estatz: ou il est contenu ... un brief extraict du grec de Dion, surnomme´ Bouche-dor: De la comparaison entre la royaute´, & la tyrannie, Jean de Bordeaux: Paris 1572), ugualmente non ispezionata dallo studioso, ma solo segnalata (segnalo che un esemplare è conservato presso la British Library [Segn. 1435.a.24]).

[5] Sulla formazione del corpus Dioneum e le diverse ramificazioni in cui si suddividono i manoscritti, vedi E. Amato: Alle origini, 21-41.

[6] Vedi A. Sonny: Ad Dionem Chrysostomum Analecta. Kioviae 1896, 17, n. 1.

[7] Xenophontis Omnia, que extant … Ad haec addidimus Dionis opuscula quaedam : De regno et tyrannide, De fide et infideliate, De fortuna, Florentiae per haeredes Ph. Iuntae Anno Domini 1527. L’edizione riproduce fedelmente la princeps di Senofonte del 1516, fondata sul Laur. Conv. Soppr. 110, alla quale vengono aggiunti l’Agesilao, il Sulle entrate ed il Simposio, tirati dall’edizione aldina di Senofonte del 1525, e le orazioni 62, 73, 74, 66, 67, 63, 64, 65 di Dione. Il De Nicola dimentica, tuttavia, di ricordare il nome del curatore, Frosino Bonini, allievo del Poliziano e professore di greco prima nello Studio di Firenze (1497-1522), poi a Pisa (1522-1525), il quale dedicò l’opera al nipote di Papa Leone X, Lorenzo Salviati. L’informazione, apparentemente accessoria, si rivela tanto più interessante se si considera il ruolo rivestito dal Poliziano nella diffusione del pensiero dioneo, che, accogliendo le conclusioni dello studioso [34], avrebbe utilizzato per le sue versioni latine un perduto manoscritto (z), modello anche per la giuntina. La vicinanza di Bonini al Poliziano costituisce, dunque, un importante elemento esterno che potrebbe ulteriormente sostenere tale ipotesi.

[8] Cf. E. Amato: Pseudo-Dione Crisostomo. De Fortuna (or. LXIII). Salerno 1998, 91.

[9] Il mio giudizio è relativo unicamente al discorso 64 de Fortuna di Favorino, per il quale posso affermare di non aver ritenuto nessuna lezione valida in vista della mia edizione critica per la „Collection des Universités de France“.

[10] Cf. E. Amato: Alle origini, 40: „…per quanto riguarda il testo del de fortuna di Favorino, posso confermare l’ipotesi dell’Arnim, che si tratti, cioè di esemplari (facevo riferimento anche al Vat. gr. 1336) apografi di U, ma distanti da esso di almeno due gradi, come dimostra l’alto numero di interventi e di errori singolari… Potrebbe trattarsi, dunque, di “edizioni” recenti, emendate e contaminate, ad uso di eruditi“; 48: „Andrà subito notato, con l’Arnim, che i due codici (il Vindobonense ed il Vaticano 1336) hanno corretto numerosi errori di U attraverso il confronto con manoscritti appartenenti agli altri rami della tradizione o, ed è forse il caso più probabile, con l’intervento diretto da parte dei copisti ovvero dei loro possessori…, senza che ciò implichi significative migliorie testuali: si ha l’impressione, infatti, di trovarsi dinanzi ad «edizioni» recenti di Dione, con la conseguenza di una forte contaminazione“; Id.: La tradizione manoscritta dell’orazione peri\ tu/xhj di Favorino (Ps.-Dio Chrys., or. 64), in: RHT 30, 2000, 93-108: 99 e 107.

[11] Cf. E. Amato: rec. di M. Menchelli: Dione di Prusa. Caridemo (or. XXX), Napoli 1999, in: Göttinger Forum fur die Altertumswissenschaft 5, 2002, 1149-1170 (webdoc.sub.gwdg.de/edoc/p/gfa/5-02/amato.pdf); Id.: O(/ti e)/rgwn a)gora\ dei=tai tw=n filolo/gwn, ou) lo/gwn. Il Caridemo e le solide basi della filologia dionea, in: Primum Legere. Annuario delle Attività della Delegazione della Valle del Sarno dell’A.I.C.C. 1, 2002, 227-256 (www.grrat.com/amato2.htm).

[12] Vedi E. Amato: La tradizione, 99.

[13] Analecta, 17, n. 1.

[14] Ho consultato l’esemplare linceo (Segn.: Fondo Corsiniano 21 D 4) su fotografie riversate in CD-Rom.

[15] Cf. in part. p. 38, n. 148, in cui si parla di un refuso dovuto ad una probabile inversione di cifre.

[16] Dion Chrysostome. Discours Troyen (XI): Qu’Ilion n’a pas été prise. Paris 1966, I, 75, n. 4.

[17] Cf. E. Amato: Pseudo-Dione Crisostomo, 91: „…ho potuto confrontare un esemplare vaticano dell’edizione di Chr. Wechelus, che, com’era immaginabile, non presenta varianti di peso rispetto all’edizione del Torresano“.

[18] Vedi supra.

[19] Vedi la copia conservata alla British Library (Segn.: 674.b.11.(2.))

[20] Minime le divergenze nell’inscriptio: Dionis in luogo di Dionis Prusensis e De Greco in luogo di Ex Graeco.

[21] Almeno questo è quanto sembrerebbe suggerire la scheda on-line presente nel COPAC delle biblioteche anglosassoni. Vedi l'appendice.

[22] Su di esso, vedi tuttavia E. Amato in: Primum Legere 1, 2002, 308-316: 312-314.


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