C. Moreschini: Lee, Apuleius' Florida Apuleius’ Florida. A Commentary by Benjamin Todd Lee. Berlin/New York: Walter de Gruyter 2005 (Texte und Kommentare. Eine altertumswissenschaftliche Reihe herausgegeben von Siegmar Döpp, Adolf Köhnken, Ruth Scodel. Band 25). XII, 202 pp. Euro 98. ISBN 3-11-017771-4.

Un commento ai Florida apuleiani era sentito come una necessità (o, almeno, come un lavoro sicuramente utile per gli studi del mondo classico), perché tale non può certo essere considerato quello di Harrison, Hilton e Huninck (Apuleius, Rhetorical Works, Oxford 2002), provvisto solo di brevi note esegetiche, nonostante che il Lee lo menzioni con entusiastiche parole a p. 35 del suo lavoro.

Come considerare il commento di cui ci stiamo occupando? Un giudizio complessivo può essere formulato solo con molte difficoltà, a causa della disuguaglianza dei piani e dei metodi con cui è condotto. Infatti la trattazione ora ha di mira un livello più alto, che potremmo definire ‘scientifico’, ora si sofferma su delle considerazioni che meravigliano non poco per la loro semplicità (quando non si tratti di vera e propria banalità), per cui il lettore deve domandarsi se quella semplicità, tanto è manifesta e scoperta, non sia voluta dallo stesso Lee, il quale avrebbe scritto il suo commento da una parte per le persone già addentro ai problemi, dall’altra per degli studenti di scuola media.

Collochiamo sul livello più alto della presente indagine quella parte della introduzione (pp. 1-35) che è condotta con chiarezza e con buona informazione dei problemi relativi ai Florida (pp. 13-30): in essa le questioni vengono con un certo livello di scientificit`, mentre le soluzioni proposte sono dotate di una certa verisimiglianza. Ad esempio, sembra condivisibile l’ipotesi che sia stato proprio colui che fu l’excerptor delle orazioni epidittiche di Apuleio, e quindi fu il compilatore dell’opera, a dividere il materiale in quattro libri (pp. 31-34); l’indagine sulla struttura e i contenuti dei Florida (pp. 13-20) è limpida; la ricostruzione dell’ambiente sofistico in cui si colloca la declamazione apuleiana è tracciata con garbo (pp. 21-29). Ed in generale anche le introduzioni ai singoli excerpta sono informate per tutto quello che riguarda i contenuti così vari (dai mirabilia alla geografia, dalla storia, che ha un valore esemplare, alla letteratura, dalla vita della provincia d’Africa alla filosofia) e colgono abbastanza bene l’ambiente della declamazione o i contenuti retorici e letterari di esse.

Il testo non è critico (il che non significa che non possa anche essere buono): esso è costituito da una specie di contaminazione tra quello di Vallette e quello di Helm, da entrambi i quali il Lee si distacca in alcuni punti, che vengono indicati a p. 35, e le scelte testuali sono sostanzialmente condivisibili. L’apparato critico sembra abbastanza preciso.

Il commento è molto breve e succinto: talora calzante, molto più spesso(purtroppo) impreciso o (per riproporre il problema che ci si era presentato all’inizio di questa recensione) addirittura banale. I loci paralleli spesso non evidenziano quello che il commentatore vorrebbe, perché non sono adeguatamente interpretati.

Questa mescolanza di osservazioni relativamente ‘scientifiche’ con altre di carattere puramente elementare, della quale parlavamo, si verifica già nella introduzione: mi riferisco alla sezione 2 di essa: “Apuleius’ life and time” e alla sezione 3: “Apuleius’ works”, ove si presentano al lettore i Realien che si possono trovare in tutte le storie delle letterature che siano state condotte con un poco di approfondimento erudito o quelli presentati dalle edizioni divulgative: queste informazioni hanno diritto di esistere anche in un testo scientifico e compiono una loro utile funzione, ma l’autore deve decidere se intende fare di esse solo uno strumento o la conclusione. Così le pp. 3-12 potevano essere sostituite da un rimando a un manuale e si sarebbe evitato il sommario che riduce ad 1 pagina i contenuti e i caratteri delle Metamorfosi di Apuleio: questo, ripeto, potrebbe andare bene per la scuola media. Così, a proposito della tradizione manoscritta (p. 30), non so se si possa dire con linguaggio preciso che tutti i manoscritti esistenti derivano da F “before it was torn at folio 116v”. Tra i sigla si nota l’indicazione dell’esistenza di un “Cod.s.Crucis sin. 24.11”, senza che sia spiegato che quel manoscritto è conservato alla Biblioteca Laurenziana di Firenze. E che dire della traduzione (forse, meglio, parafrasi) in inglese (p. 2 n. 8) di un lungo brano in tedesco di E. Rohde?

Questo carattere elementare prosegue nel commento, il quale non può quasi mai essere considerato scientifico. Non si può citare il poeta Fedro, e precisare che è vissuto nella prima metà del I sec. d.C. (p. 69); per le Camene fare riferimento alla Storia della Letteratura Latina di Gian Biagio Conte (p. 105); spiegare alla maniera dei manuali scolastici di grammatica e di sintassi latina le costruzioni delle reggenze dei verbi ed eventualmente la consecutio temporum; dare le forme dei perfetti e dei participi dei verbi, spiegando, ad esempio, che il preverbo dis significa “far away”(p. 70); che il significato di una parola latina non corrisponde a quello della parola inglese di suono e forma analoghi. Ma esempi di questo genere sono infiniti, e non è necessario elencarli in maggiore quantità, perché il tempo è denaro sia per chi scrive sia per chi legge. Ripetiamo: a che tipo di lettori è destinato questo commento?

Si aggiungano gli errori ‘materiali’, che vorremmo attribuire all’editore e non al Lee: a p. 4 seminumidum? (apol. 24), ed infiniti altri (ad ogni pagina, non temo di sbagliarmi, si trova un errore, di stampa o di autore, lascio la scelta alla bontà di chi legge il volume).

Di conseguenza la ‘confezione’ del volume è in generale pessima, e contrasta con quello che dovrebbe essere lo standard di un libro, non dirò buono, ma decente, tanto più che, c’è da supporre, l’Editore non lo ha messo in vendita a poco prezzo.

Insomma, nonostante che il Lee abbia il merito di avere impostato i problemi esegetici, un nuovo commento ai Florida di Apuleio (se vi sarà) può ancora arrecare contributi.

Claudio Moreschini, Pisa
moreschini@flcl.unipi.it


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